Tre anni da Vicesindaco

Mi ricordo che da piccolina, tra i banchi di scuola delle elementari, la maestra chiese dove avremmo voluto vivere da grandi. Tutti risposero a ‘Limone’ e io fui l’unica (sarà per il mio sangue italo-inglese che mi permetteva di viaggiare all’estero) a rispondere ‘Ovunque, ma non Limone’.  Per uno strano scherzo del destino andò esattamente al contrario: purtroppo molti dei miei compagni ora non abitano più a Limone mentre io sono rimasta tra i pochi ad essere rimasta.

‘Rimanere’ purtroppo al giorno d’oggi ha sempre l’accezione di ‘rinunciare’: a una vita all’estero, ad una carriera, a uno stile di vita che ‘fuori, lontano’ dal paesino di origine sembra essere idilliaca, perfetta, stimolante e avvincente. Io stessa cercai un posto, prima all’estero poi in città, che potessi chiamare casa. Ma casa era sempre dove tornavo, nel Paese di provincia. Come una calamita, qualcosa mi portava indietro. Fu poi quel qualcosa a traghettarmi dentro un’avventura che tre anni fa mi spinse a mettermi in gioco candidandomi per entrare a far parte del consiglio comunale. No tranquilli, adesso non vi rifilo il discorsone politico, continuate pure a leggere!

Fatto sta che da tre anni ormai sono Vicesindaco proprio di quel Paesino che continuava a farmi tornare. Limone Piemonte. Esattamente tre anni fa venni eletta e da lì iniziò l’avventura. Si proprio così, un’avventura, perché non sai mai cosa ti aspetta dietro l’angolo. Può essere una pandemia mondiale, un’alluvione o una guerra. O tutte tre (quasi) contemporaneamente. Non lo nego, sono stati momenti difficili, difficilissimi. Vedere il tuo Paese distrutto dall’acqua o famiglie in fuga dalla guerra, sono immagini che difficilmente ti toglierai dalla testa. Per come sono fatta cerco sempre di reagire, non sono una che sta con le mani in mano. E così ho sempre aiutato per come potevo ed ero capace: portando la spesa alle persone fragili che non potevano uscire di casa, lanciando una campagna di raccolta fondi per i danni dell’alluvione, facendo i letti per gli sfollati ucraini. Non me la voglio tirare, il succo del discorso è che queste azioni le fai se sei spinto da qualcosa. Sempre quel qualcosa che tre anni fa mi gettò a capofitto in questa avventura. Ci ho messo del tempo ma sono finalmente riuscita ad identificare quel qualcosa in ‘amore e passione per il tuo territorio’. Se lo ami, se ci credi, lo fai, ti metti piedi nel fango a spalare, ti metti a correggere bandi a mezzanotte e fare riunioni alle 22.

Dovete sapere che mi dà sempre un po’ di fastidio quando mi chiamano politica: il retaggio culturale legato a questa figura impone un canone completamente diverso rispetto alla realtà dei fatti. Sembra sempre che chi entra nell’amministrazione pubblica lo faccia per arricchirsi, o perché mosso da interessi propri. Vi posso assicurare che non è assolutamente così. Fare politica oggi, a livello locale, è -come mi piace definirlo – una missione, un immolarsi per qualcosa in cui si crede, mettersi in gioco . E’ facile stare seduti e criticare dalla poltrona, senza nemmeno cercare di indagare sul perché questo venga fatto così o non venga fatto. E’ molto più difficile fare, disfare, cercare, capire, indagare, insistere. Solo così, da un episodio drammatico, si riesce a tirare fuori qualcosa di positivo. Un esempio su tutti: l’alluvione portò via strade e ponti, isolandoci dalla Francia. Il territorio e i suoi amministratori colsero quella ‘mancanza’ per spingere la Regione ad interessarsi ad una tratta ferroviaria da troppo tempo poco sfruttata. E così arrivarono i treni navetta della neve gratuiti e a breve l’intera tratta Cuneo Ventimiglia verrà implementata!

Mettersi in gioco significa esporsi alle critiche, si. Ma significa anche crescere, personalmente e professionalmente.  Ciò che ho imparato in tre anni forse vale come un master di 10 anni, e mi ha portato oggi a collaborare e condividere progetti e visioni con altrettante persone che come me credono nello sviluppo e nella crescita di un territorio. Sono politici? Si, anche. Ma siamo prima di tutto persone, e se lavoriamo per il territorio è perché il territorio è fatto di persone. Quindi lavoro per voi? Si esatto, ma ho bisogno di voi per farlo. Anziché pensare e rimuginare sul perché questo venga fatto così o perché non venga fatto, venitemelo a chiedere. Siate attivi, siate propositivi. Una critica fine a sé stessa è inutile, presentatemi il vostro punto di vista. Non siamo tuttologi, tante volte le cose non le vediamo nemmeno noi perché ci troviamo nel marasma più totale. Un territorio attivo, una comunità partecipativa è fondamentale per chi deve amministrare.

Dovete sapere che ci rimango sempre male quando organizziamo eventi, serate o riunioni e siamo in pochi. Non riesco a capacitarmi come si possa denigrare senza conoscere. Il mio territorio è anche il vostro. Aiutiamoci insieme a migliorarlo.

Per tornare al discorso iniziale, decidere di ‘rimanere’ non significa ‘rinunciare’: la mia e nostra forza, il saper reagire agli eventi, mi ha portato più in alto di quanto potessi fare con una vita ‘idilliaca’ all’estero o in città. Mi è stato chiesto dal Vicepresidente del Consiglio Regionale Piemontese di entrare a far parte del suo staff, sono stata nominata Consigliere nel CDA Alpine Pearls, organizzazione europea per la mobilità sostenibile. Di carriera ne ho fatta, e di nuovo, non lo dico per tirarmela ma per farvi capire che ‘rimanere’ e mettersi in gioco -e questo lo dico soprattutto ai giovani limonesi- valgono un costosissimo master decennale. Le opportunità ci sono, anche in quel piccolo paesino di montagna dove siete cresciuti, basta coglierle!

Ora chi vuole aiutarmi? Scrivetemi, e non chiamatemi politica, sono Rebecca: assessoratoturismo@comune.limonepiemonte.com

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